Junk, gli occhiali da sole che riciclano la plastica

2022-10-12 08:38:45 By : Mr. jack zhang

Il brand bellunese lavora i materiali di scarto fino a renderli design.

Tutti amano la plastica, c’è chi lo ammette e chi mente. I vivi del XXI secolo ci sono nati dentro: in prossimità delle sue origini, numero in inevitabile decremento, altri nel periodo della sua prodigiosa espansione, quando il corpo di quegli oggetti del quotidiano fatti di legno, di ceramica, di ferro, diventava un agglomerato di polimeri colorati acquistabile a un costo, finalmente, irrisorio; tra i problematici millennial, che ne hanno attraversato l’età d’oro, sono sorti i suoi primi detrattori. La generazione Z, pronta ad abbracciare cause se non perse, difficili da vincere, ha quindi deciso di unirsi in una sorta di movimento ecologico globale – salvo poi essere la prima a non riuscire a farne a meno.

Che la produzione dei vari PVC, PMMA, PE e PET, per citarne alcuni, sia dannosa per l’ambiente, ormai, è un fatto noto anche a quanti hanno un livello di scolarizzazione pari a zero. Allo stesso modo, la loro applicazione ai più disparati ambiti di utilizzo, è imprescindibile. Per superare l’impasse, pulirsi la coscienza e mettere d’accordo i fautori del pensiero pop e kitsch art e quelli dell’impatto zero, la moda è tra le industrie che più si impegna. Al suo interno, dal fast fashion alla couture, si agitano fronde attiviste e si consolidano realtà collettive che non solo lottano ma si adoperano praticamente per trasformare i rifiuti plastici in materiali tecnologicamente avanzati. Così, a fare la differenza per il futuro, saranno sia i colossi capaci di cambiare che i piccoli, gli indipendenti e i nuovi che, già consapevoli, si danno un manifesto votato esclusivamente a un’idea di bello che è, anche e soprattutto, sostenibile. Agli italiani sta riuscendo bene, forse perché alla base del tanto celebrato made in Italy, quei principi che sono tipici dell’economia circolare ci sono già e si chiamano tradizione.

Junk, allora, si inserisce senza difficoltà in questo contesto. Marchio nato a Lozzo di Cadore, nel distretto del bellunese, che per eccellenza è quello della migliore occhialeria, lavora su quella linea di confine tra spazzatura (che è la traduzione letterale del suo nome) e ricerca per sviluppare un prodotto che, sommandole, diventi design. L’econyl dei suoi occhiali, da sole e da vista, proviene dal nylon rigenerato raccolto negli ecosistemi di tutto il mondo, dalle alpi agli oceani, può essere a sua volta riciclato (potenzialmente all’infinito) e, in ogni modello, è arricchito dall’aggiunta di componenti in argento. Sono forme contemporanee, vagamente scultoree, che rileggono le icone degli anni Novanta e Duemila: i piccoli sono rettangolari, allungati ad abbracciare il profilo degli occhi, un po’ Matrix e un po’ Top Gun; i grandi ricordano quelle derive “a mosca” consacrate da Dior. Tra loro, inevitabile, un accenno alla forma del Wayfarer.

A renderli unici c’è un lieve movimento ondulatorio che corre nella parte interna, dalla punta delle aste a tutto il corpo delle lenti e del ponte, quasi fossero le onde di quei mari e le creste di quei monti da cui la materia prima è stata tratta. Divertente la palette: insieme all’immancabile nero, si sposta su sfumature glicine pieno e tendente al grigio, o si accende della densità del giallo tuorlo e del rosso legnoso. È il glamour del “plastic rehab”, come si definiscono in Junk, che non eccede e non stanca e, figlio dei tempi, è fluido, per essere indossato da entrambi i sessi. Con il packaging completamente riciclato, poi, siamo all’elevazione di quel plastic fantastic che la cultura di massa ha celebrato per decenni.