Ne parliamo con il dottor Giulio Leopardi, responsabile dell’unità di oculistica del Policlinico San Pietro
Con l’avanzare dell’età la visione diventa offuscata, i colori sbiadiscono, compaiono aloni attorno alle luci che, soprattutto di notte, creano difficoltà nella vita quotidiana ed in particolare alla guida dell’auto. Sono questi i sintomi più comuni della cataratta, il processo di progressiva opacizzazione del cristallino (lente interna dell’occhio) che compromette la visione e può arrivare ad avere un impatto negativo sulla qualità della vita di chi ne soffre. Sempre di più sono infatti le persone che ogni anno decidono di sottoporsi all’intervento di cataratta (circa 600.000 all’anno in Italia). Perché il risultato sia soddisfacente, però, oltre a tecniche chirurgiche all’avanguardia, fondamentale sono lo studio e la preparazione pre-operatoria, meglio se effettuati con tecnologie di ultima generazione. Come spiega con il dottor Giulio Leopardi, responsabile dell’unità di oculistica del Policlinico San Pietro, struttura che da decenni è punto di riferimento sul territorio per la prevenzione, la diagnosi e la cura della cataratta e delle principali patologie oculari.
Dottor Leopardi, che cosa si intende innanzitutto per cataratta?
La cataratta è l’opacizzazione del cristallino, la lente interna dell’occhio. Normalmente il cristallino è trasparente, la luce lo attraversa colpendo la retina, permettendo al cervello di ricevere immagini nitide e ben focalizzate. Quando si opacizza, la luce viene filtrata e deviata in più punti con la conseguenza che le immagini diventano sempre più confuse e la visione annebbiata come se il Paziente stesse guardando attraverso un vetro appannato.
Da cosa è causata questa patologia?
Può essere congenita, dipendere dall’invecchiamento, da traumi oculari, da malattie metaboliche, è frequentemente familiare ma spesso le cause rimangono sconosciute.
Il sintomo più comune è l’annebbiamento della vista, ma anche difficoltà nel distinguere gli oggetti in ambienti poco luminosi, sensazione di fastidio se sottoposti a luce intensa (abbagliamento), visione di aloni intorno alle sorgenti luminose. I colori appaiono meno vivaci e, in molti casi, può verificarsi la comparsa o l’aumento della miopia.
Oggi la tecnica chirurgica più diffusa è la cosiddetta facoemulsificazione: il chirurgo introduce nell’occhio attraverso una piccola breccia di 2mm una sonda metallica resa vibrante dagli ultrasuoni che frantuma il cristallino naturale opacato. Al termine di questa fase, rispettando la capsula posteriore che divide la parte anteriore dalla parte posteriore dell’occhio, viene impiantato il cristallino artificiale. Nelle prime fasi dell’intervento il chirurgo si può avvalere di un Femtolaser. Negli ultimi anni si sono affermati cristallini artificiali costruiti su misura per ogni occhio (customizzati) per la correzione della presbiopia e dell’astigmatismo. L’intervento si effettua abitualmente in anestesia topica, cioè con colliri anestetici, oppure in anestesia locale. La durata dell’intervento è di circa 20 minuti e di norma il paziente viene dimesso lo stesso giorno. È importante sottolineare che l’intervento deve essere il più possibile personalizzato sulle caratteristiche del singolo paziente, solo così si potranno avere risultati ottimali. Questo è possibile grazie a un’attenta pianificazione pre-operatoria.
In cosa consiste questa fase di studio pre intervento?
Riguarda in particolare la fase di calcolo della lente intraoculare (IOL) o cristallino artificiale, indispensabile per il ripristino della funzionalità visiva. I nuovi strumenti di biometria oculare, come quello di cui ci siamo dotati nel nostro reparto, permettono un accurato calcolo della lente intraoculare, non solo nei tradizionali termini di potere diottrico (le diottrie che tutti conoscono espresse sulla ricetta dell’oculista come valore di correzione dell’occhiale) ma anche personalizzando il tipo di lente da utilizzare, tenendo conto delle curvature corneali (l’astigmatismo) e di eventuali correzioni multifocali per diminuire, nella persona operata, l’utilizzo dell’occhiale da vicino.
Quali sono gli accorgimenti da prendere e i controlli da fare nel post operatorio?
Dopo l’intervento di cataratta è fondamentale attenersi scrupolosamente alla terapia indicata dallo specialista che prevede in particolare l’utilizzo di specifici colliri antibiotici e cortisonici. Nei primi giorni è consigliato riposare a letto qualche ora durante il giorno, soprattutto in caso di persone anziane. Possono comparire bruciori oculari e sensazione di corpo estraneo indotti dall’irritazione della congiuntiva, ma non ci si deve preoccupare perché sono normali. Un buon occhiale da sole e la costante instillazione dei colliri risolveranno almeno in parte questi problemi. In sette – dieci giorni si può tornare alle proprie occupazioni abituali; in particolare dopo alcuni giorni di prudenza ci si può lavare il viso, ci si può esporre all’aria aperta con occhiali da sole, si può fare il bagno, lavarsi i capelli e sottoporsi a messa in piega e tintura dei capelli. Nel postoperatorio sono previste una – due visite di controllo; dopo almeno un mese dall’intervento si arriva alla prescrizione degli occhiali da vicino e da lontano.
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