La geografia delle Royal family italiane nel nuovo libro di Masneri Dinastie - Tag43

2022-10-10 10:34:20 By : Ms. YING ZHENG

Dalla Milano dei Moratti, dei Ferragnez e dei ‘ragazzi’ Boeri alla Torino degli Agnelli e dei De Benedetti, fino alla Roma dei Calendas e dei Malagò. Senza dimenticare la provincia con la “pastorale bergamasca” dei Trussardi. La nobiltà italiana senza blasone raccontata da Masneri in Dinastie.

«Chi sono e che fanno i ricchi, in Italia, oggi?», si chiede Michele Masneri in apertura di Dinastie, compendio letterario/chic, appena pubblicato da Rizzoli, all’interno del quale il giornalista del Foglio traccia una serie di ritratti della vera nobiltà italiana, «quella senza blasone», come recita il sottotitolo del libro. Masneri è fissato con i ricchi, sono la sua ossessione, ne scrive da anni, utilizzando la macchina da scrivere come una mitragliatrice, offrendo ai suoi lettori, volta per volta, affreschi di costume particolarmente caustici. Si parte, in questa sorta di antologia geografica, che insegna molto del Belpaese, da Milano: unica città, (col coer in man) oggi, in grado di sfornare «un’alta borghesia delle idee capace di imporsi non solo in Italia ma anche all’estero, soprattutto nei settori-chiave della moda, del design, e, novità, dell’Instagram, nuova fabbrica dei sogni di cui è la capitale». Ci sono dentro tutti: i Prada, i Moratti, i Boeri, (perfino i Ferragnez), ma non i Berlusconi, perché in fondo a Milano, nonostante tutto, «non sono mai stati establishment».

Gli aneddoti si sprecano: Letizia Moratti, ora in corsa per sostituire Attilio Fontana alla guida di Regione Lombardia, dopo la sua apparizione nella serie Netflix SanPa «che starà facendo ora?»; Miuccia Prada che da ragazza andava a lavare le pentole vestita Yves Saint Laurent «al festivalino dell’Unità che si organizzava nei Giardini di Porta Romana»; il maggiordomo sardo dei ragazzi Boeri che seguiva a distanza i «signorini-katanga» durante i cortei; la cronaca minuto per minuto del matrimonio del secolo tra Chiara Ferragni e Fedez a Noto.

Si passa poi a Torino, ex capitale d’Italia ed epicentro di un mondo in disarmo che faceva riferimento a una certa eleganza che purtroppo oggi non c’è più. Irrinunciabile il capitolo dedicato agli Agnelli, «chissà chi oggi nato tra i famigerati millennial saprà ricordarsi chi era l’Avvocato (di cui l’anno prossimo sarà il ventennale della morte), e sospetta anche lontanamente la mitologia pervasiva che la famiglia Agnelli aveva creato sul Paese: kennedismi, Capri, orologi sul polsino, nozze necessariamente almeno comitali o principesche. Battute – “solo le cameriere si innamorano”. Una sorella al Senato, per citare Yuppies. Elicotteri da cui tuffarsi o saltar giù con gli sci». Ma a Torino c’erano anche i De Benedetti, protagonisti della battaglia editoriale stile Succession più appassionante degli ultimi anni, con i figli che estromettono prima il padre dalla guida del gruppo (Espresso) e poi vendono (tra l’altro proprio agli Agnelli) e il padre che a sua a volta fonda un nuovo giornale (Domani), perdendo però quasi totalmente l’egemonia e il peso di un tempo.

Dopo Torino si arriva finalmente a Roma, città nella quale «trovare una borghesia non folkloristica è una missione quasi disperata». Spazio quindi ai “Calendas”, unica famiglia italiana che, in un momento in cui tutti fanno serie tv, sarebbe ideale per tenerci incollati al piccolo schermo, e ai Malagò, con particolare attenzione ovviamente alla figura di Giovanni, uomo dallo charme indiscutibile, dallo stile vagamente agnellesco, con le cravatte di Marinella, «giovanissimo socio, poi presidente, ora presidente onorario» del Canottieri Aniene, «repubblica indipendente sul Lungotevere che con i suoi arredi di legno, i tappetoni persiani, le coppe, è la Windsor capitolina». O a personaggi che fanno storia a sé come Alessandro Michele, chiacchieratissimo nuovo direttore creativo di Gucci. «Michele vive a Roma non lontano dal Nazareno», scrive Masneri, «cultore di privacy assolute, protetto dalle maschere, oltre che da vasta capigliatura, e filtri, visiere, occhiali, gioielli, anelli, cappellini da baseball, che poi riproduce e rivende con utili da capogiro a magnati globali e soprattutto millennials variopinti».

Il viaggio si conclude, infine, nella provincia italiana, tra la «pastorale bergamasca» dei Trussardi, le isole dei Beretta, il mondo dei Panini e un ritratto degli altri Agnelli, «quelli delle pentole». «Ma siete parenti?», chiede Masneri a un certo punto a Paolo, erede dell’impero dell’alluminio fondato nel 1907: «No. Avevamo fatto fare delle ricerche, anche. Loro sono originari di Lodi. Noi comunque li chiamiamo i nostri parenti poveri di Torino».

Un libro godibile questo di Masneri che oltre a spiare dal buco della serratura le nuove royal family di casa nostra racconta molto anche di come siano cambiati gli usi e i costumi del nostro Paese. Una volta si diceva che bisognava andare sul giornale nella vita due volte: quando si nasceva e quando si moriva; oggi i giornali non contano più nulla ma apparire è diventato più importante di esistere e il famigerato “quarto d’ora di celebrità” di Andy Warhol si è trasformato in una perenne costante e reiterata sovraesposizione su Instagram, anche e soprattutto dei ricchi. Posto ergo sum.

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