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Gli Stati Uniti d'America stanno diventando, per il mondo, un problema. Noi eravamo piuttosto abituati e vedere in loro una soluzione.

Emmanuel Todd: «Après l'empire», Dopo l'impero. Gallimard. 2022

A differenza degli altri cinque vizi capitali, la gola e la lussuria non ledono i terzi, i loro eccessi, semmai, ricadono su chi li pratica.

Cesare Marchi: «Quando siamo a tavola», Rizzoli. 1990

Certe cose mio padre le perdeva per sempre, come cadute in un buco nero. Cravatte, chiavi dell'auto, ingoiate nel nulla. Cercammo a lungo, invano, un suo paio di occhiali. Li ritrovammo sei mesi dopo, con le lenti rotte, quando riemersero dal ghiaccio del freezer in cui lui li aveva lasciati.

Marina Corradi: «Figli dei figli» Itaca. 2019

Nel 1960 entrai per la prima volta, con il mio amico Giagi, in un supermercato. Ci sembrò il Paese di Bengodi. Era invece il Cavallo di Troia entrato in città e che ci avrebbe tolto, per sempre, l'innocenza.

Massimo Fini: «Una vita». Marsilio. 2015

Un breve fischio, uno strappo, un cigolio lungo la ferraglia sotto i piedi dei viaggiatori e l'accelerato per Palermo si rimise in moto, stridendo e scricchiolando in tutte le connessioni delle sue carrozze vetuste, mentre dalla locomotiva lontana giungeva l'ànsito del vapore imprigionato nella caldaia e mentre il tonfo dei pistoni si faceva sempre più rapido e convulso, a mano a mano che il treno acquistava velocità.

Sebastiano Vassalli: «L'italiano». Einaudi. 2007

Saragat era elegante e snello come un fiorettista di razza, con gli estri e gli scarti e i lampi propri dell'arma eletta. Nenni invece era basso, grosso e paziente. Assomigliava ai campioni medioevali che nei giudizi di Dio si battevano cum fistibus et scutis, coi bastoni e con gli scudi, alla popolana. Per Saragat, l'autore da comodino è Goethe, come quello di Nenni potrebbe essere Victor Hugo, beninteso dei «Miserabili».

Italo Pietra: «I Grandi

e i Grossi». Mondadori.1973

Pare che un gruppo di giovanissimi guastatori alpini, dopo una sapiente e fortunata assenza di mezza giornata, tornasse con un fornito assortimento di vesti talari, e di occhiali senza lenti. Così, diversi gruppi di seminaristi occhialuti, ma non sempre con la dovuta compunzione, si sparsero sulle pendici dell'Altopiano e nei campi della Piana, finché i tedeschi dettero loro la caccia, arrestando soltanto pochissimi seminaristi autentici ed innocenti.

Paolo Caccia Dominioni: «Alpino alla macchia». Cavallotti Editori in Milano. 1977

A Valletta, nel primo dopoguerra, non interessa rifare la Fiat com'era. Progetta di rimetterla al passo della tecnologia americana e aprire la via italiana alla motorizzazione. Non vuol sentir parlare di decentramento: tutto avverrà a Torino, perché qui ci sono gli operai «ottimi, magnifici, e bravi», i tecnici, le scuole, la cultura della fabbrica. La Fiat, nelle sue intenzioni sarà Torino e Torino sarà la Fiat: una company-town.

Aldo Cazzullo: «I ragazzi di via Po 1950-1961». Mondadori. 1997

Per quanto la vittoria dei bolscevichi in nome del proletariato contro le classi privilegiate fosse stata decisiva non ci sarebbe voluto molto prima che anche loro banchettassero. Forse non ce ne sarebbero stati tanti di banchetti come sotto i Romanov (niente balli autunnali e anniversari di diamante) ma sarebbero stati tenuti a festeggiare qualcosa, si trattasse del centenario di Das Kapital o dell'anniversario d'argento della barba di Lenin.

Amor Towles «Un gentiluomo a Mosca». Neri Pozza editore. 2017

Tecnologie sofisticate, capolavori di miniaturizzazione, tutto è affidato a stupide pile che si consumano senza avvertire: nessuno ha ideato la pila con la spia rossa della riserva, la pila con dentro una sveglia che trilla quando sta per esalare l'ultimo ampère. Tener dietro alle pile è più duro che dedicarsi alle ortensie.

Luca Goldoni: «Viaggio in provincia» Mondadori. 1984

Tutti i soldati reduci dalla rovinosa campagna di Russia si guardavano intorno con occhi in cui sembrava affiorare un fondo di meraviglia: non tanto forse per essere ancora vivi, quanto perché nel mondo (dopo tutto ciò ch'era accaduto, ed essi avevano visto) ogni cosa continuava come prima.

Eugenio Corti: «Il cavallo rosso». Edizioni Ares, 2014

Tanto il neorealismo era sovraccarico di ideologia (e dunque non era realista per niente) tanto la commedia all'italiana si limita ai nudi fatti, agli eventi come si producono ogni giorno sotto i nostri occhi attoniti e complici, ai comportamenti concreti e quotidiani dei nostri vicini di casa, dei nostri amici, dei nostri familiari. Per questo è devastante. Per questo non c'è l'happy end.

Fabrizio Rondolino: L'Italia non esiste (per non parlare degli italiani). Mondadori. 2011

Al momento di tornare a Genova, l'autista aveva scoperto che il pullman non voleva partire. Allora il sindaco del paese, con un lampo di grande generosità che gli aveva illuminato l'animo e il viso già rosso d'amore per il vino, invitò a pranzo i marinaretti, uno per ogni famiglia del paese. Intanto il meccanico avrebbe sistemato il motore. Paolo Terenghi capitò nella casa del cartolaio di Montoggio: padre, madre e un ragazzo coetaneo del marinaretto. Divennero subito amici. Prima di mettersi a tavola giocarono a lanciare sassi nel torrente che scorreva proprio sotto.

Giuseppe Pederiali: «Marinai», Garzanti 2003

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